Presentazione di Lella Antinozzi.

La galleria e- guido esordisce con una mostra di tutto rispetto di un artista anche lui esordiente, che finalmente ci regala la sua prima personale. In realtà però Gianni Lattanzi (Roma, 1962), artista romano che vive e lavora ad Amsterdam, e' un veterano nel campo dell'arte. Di lui infatti si può dire che sia nato con la matita in mano, nel senso che ha iniziato a dipingere da giovanissimo. E sin da allora, parliamo della metà degli anni settanta, i suoi quadri avevano un vigore ed un carisma particolari. Troppo forti, per la sua età. L'energia sprigionata da quei semplici tratti di matita o di pennello era troppa per essere gestita da un carattere ed una mente ancora giovani, non formati. Questo e il motivo per cui Gianni Lattanzi ci ha fatto aspettare tanto. Ma ne e valsa la pena. Quella che questa sera abbiamo occasione di vedere e' la produzione degli ultimi tre anni di una lunga e silente carriera, trascorsa nella serenità di uno studio e condivisa da amici ed ammiratori, negli ultimi anni sempre piu' numerosi. Gianni Lattanzi infatti ha un mercato gia avviato in Olanda, dove la sensibilità estetica del popolo nordico non si e fatta sfuggire la genialità delle sue opere. Ma il destino ha voluto che la sua prima personale si tenesse a Roma, la sua città, che ancora non lo conosce.
Il termine bello, in arte e specialmente nell'arte contemporanea, non vuol dire molto. E' bello quel che piace, e questo e' subordinato al gusto indiscutibile di ognuno. Ciò che distingue un'opera valida da una meno importante e' piuttosto la forza e l'intensità del messaggio che quest'opera comunica. Che sia scioccante, provocatorio, dolce o aggressivo, tale messaggio deve riuscire a colpire la sensibilità di chi lo fruisce. Un messaggio e' forte e valido quando riesce a toccare e destare la nostra anima barricata, a farla 'vibrare' , anche se per un attimo. Ogni artista ha il suo modo, unico e irripetibile, per raggiungere questo scopo. Ogni artista usa un codice ed un vocabolario da lui stesso coniato.
Nonostante le opere che vediamo esposte siano definibili 'figurative', nel senso che tutte ritraggono un soggetto riconoscibile, la forza del messaggio artistico di Gianni Lattanzi non sta nella varieta o nel tipo di soggetto da lui ritratto. Che sia un fiore in un vaso, una natura morta, un volto o un quadro astratto, queste opere possiedono un'incredibile capacita' di toccare l'anima dell'osservatore mostrando l'anima dei soggetti: di un fiore, di una brocca con l'acqua, di un viso o di un semplice tratto di matita. E' questa l'unicita del suo messaggio artistico. Gianni Lattanzi non ha bisogno di andare alIa ricerca di soggetti originali, non ha bisogno di colpire lo spettatore con complicati teoremi o con immagini provocatorie. La sua e' la grandezza che si addice alla semplicità alIa quale l'artista unisce una grande libertà espressiva che gli fa colorare una foglia di blu o un viso di verde, che gli fa riassumere in poche ma fortissime pennellate arancioni la presenza di una zucca fino a farla saltar fuori dal quadro, per quanto e' intensa. In un'opera come Tre africani , poi, i pochi tratti di carboncino ci parlano del vissuto dei soggetti, ci fanno sentire le loro ansie, la loro tensione verso l'infinito. Allo stesso tempo, sono segni a se stanti quasi astratti, indipendenti e audaci. Assolutamente modemi. Capita spesso, nei ritratti, che il personaggio del quadro non si riconosca nel ritratto che si trova dinanzi. Le reazioni sono diverse, dipendendo queste dalla capacità della persona di accettare la verità crudissima degli occhi di Gianni, che scavano dal di dentro. Ho visto persone impaurite scappare e rifiutare il quadro, altre inquietarsi per la fastidiosa verita' che pochi, implacabili tratti di carboncino portava dinanzi ai loro occhi. Non vi e' nulla di mentale in questa operazione, nulla di cercato, nulla di forzato. E' bensi' il miracolo della creazione cui la mente e la mano dell' artista si abbandonano ogni volta di nuovo. Ogni volta, pare, con maggiore intensità.